sabato 21 maggio 2011

1#pensare sintetico

MATTONI POLIMERICI: la plastica riciclata al posto del cemento

Mattoni polimerici, la plastica riciclata al posto del cemento
Un gruppo di ricercatori europei ha sviluppato una tecnologia per la produzione di materiali da costruzione simili al calcestruzzo, partendo da polimeri provenienti dai rifiuti plastici. I mattoni innovativi saranno meno costosi rispetto ai mattoni tradizionali ed avranno una buona ricaduta sull'ambiente, trasformando i polimeri inutilizzabili presenti nei rifiuti in materiale economicamente vantaggioso.
All’inizio del 2008 sono stati raccolti in Europa 22 milioni di tonnellate di plastica usata: di questi, 10,4 milioni sono stati recuperati, riciclandoli come materiale oppure tramite il recupero energetico, mentre gli altri 11,6 milioni di tonnellate sono finiti nelle discariche. Almeno il 25% dei polimeri presenti nel totale dei rifiuti plastici sono inadatti al riciclaggio: purtroppo alcuni prodotti di plastica contengono polimeri che non sono adatti ai processi di rigenerazione e, per questi materiali, non è possibile operare la raccolta differenziata. Si cercano quindi soluzioni alternative per evitare lo spreco e recuperare quanta più plastica possibile. 
Un gruppo di ricercatori del Centro tecnologico lettone e dell’Istituto di meccanica dei polimeri dell’Università della Lettonia in collaborazione con Hormigones Uniland, un’industria spagnola del cemento, avrebbe individuato una soluzione ecologica per la gestione dei rifiuti della plastica destinata al mercato europeo. Avviato nel gennaio 2005 e finanziato dal programma europeo Eureka, il progetto si chiama Sandplast (Quality Building Materials From Polymer Waste) e ha sviluppato una tecnologia per la produzione di materiali che partendo dai rifiuti plastici poco o non riciclabili (per convenienza economica o altro) porta alla produzione di una nuova sostanza legante da utilizzare in edilizia, un materiale molto simile al calcestruzzo e con le sue stesse proprietà, anzi superiori. Utilizzando rifiuti di polimeri termoplastici sono riusciti a produrre una sostanza legante che, miscelata a filler inerti come la sabbia, permette di realizzare mattoni polimerici simili al calcestruzzo, ma privi di questo materiale, leggeri e con ottime proprietà isolanti. Il materiale da costruzione così ottenuto ha il vantaggio, rispetto al calcestruzzo, di assorbire una quantità inferiore d’acqua, risultando quindi più affidabile in particolari condizioni ambientali (clima gelido).

Un progetto simile è portato avanti anche da Sioplast International Corporation che dal 2005 ha brevettato un sistema produttivo per un materiale composito simile al cemento che incorpora sabbia silicea al 75% e polimeri termoplastici misti al 25% provenienti da rifiuti domestici tritati legati per mezzo di calore (300°C) e pressione. Nuovi impianti stanno avviandola produzione in Germania, Bulgaria e Lettonia.
Ma il calcestruzzo senza calcestruzzo non è l’unico materiale da costruzione innovativo che si può ottenere dalla lavorazione a partire ai polimeri presenti nei rifiuti. In Argentina è stata sviluppata una nuova tecnologia, messa a punto da un’equipe di ricercatori del Ceve - Centro de Vivienda Económica del Conicet , con cui si costruiscono case utilizzando mattoni realizzati con la plastica riciclata: riducendo gli scarti in frammenti e mescolandoli con il cemento Portland, si ottiene la produzione di un mattone più economico, più isolante e più leggero. 

Da Taiwan invece arriva in commercio un mattone polimerico che unisce l'architettura post-consumo con nuovi materiali ecocompatibili. Il sistema costruttivo per pareti Polli-Brick, progettato da Miniwiz e scelto come involucro per il Far Eastern Group Fashion Pavilion in Taipei per l'Expo 2010, si basa su contenitori in PET riciclato, che costituiscono il modulo base e possono essere assemblati per incastro grazie alla loro forma cilindrica sagomata per creare una struttura leggera e resistente che può essere usata come parete, tetto, come fonte luminosa o vasi portapiante. 
I materiali plastici hanno un ciclo di vita di lunga durata e costituiscono una forte minaccia per l’ambiente se non integrati in un processo di riuso o riciclo. L’ultima frontiera, in termini di ricerca e innovazione, è lo sviluppo di prodotti compositi, facili da utilizzare e adatti alle diverse esigenze: il mercato è in crescita ed oggi l’orientamento è rivolto alla ricerca di prodotti sempre più avanzati tecnologicamente ed ecologici.



qui 4 info:

venerdì 6 maggio 2011

Anima sintetica

PLASTICA - RICICLO - RIUSO       
Ecologia Urbana: ANIMA SINTETICA

Tutto è cominciato con un piccolo esemplare di materiale bruno nella mano di un uomo, per poi arrivare praticamente dappertutto, e  che la plastica sia dappertutto - in casa come al lavoro, al bar o per strada - mimetizzata al punto da non farci più caso, è una considerazione che appare persino banale. 

Il big bang dell'invasione dei polimeri sintetici è cominciato, ad ogni modo, con la bachelite, resina fenolica ottenuta dalla reazione tra i composti formaldeide e fenolo. Sviluppata nel 1907 dal chimico belga-americano Leo Baekeland, rappresenta il primo tentativo riuscito, dopo i precursori della celluloide e della gomma vulcanizzata derivati dalla lavorazione di elementi naturali,  di realizzare un materiale plastico completamente artificiale.
 
Grazie alle sue innegabili qualità, la bachelite ha avuto un successo clamoroso: resistente all'elettricità, al calore, alla rottura e chimicamente stabile, ha fatto la fortuna della fabbrica di Baekeland, nel New Jersey, che ben presto si è trovata a realizzare prodotti impiegati nelle palle da biliardo, nei quadri di comando, nei registratori di cassa, nei banconi e in ogni genere di dispositivo e marchingegno. 

Dopo questa primo rivoluzionario exploit, la famiglia della plastica, di cui l'enciclopedia online Wikipedia offre una voce piuttosto ricca di contenuti, si è allargata in maniera sostanziale: cellophane, PVC, polietilene hanno contribuito a costruire l'anima sintetica della società e del costume moderno.
 
E poi ancora il vestiario, con l'acrilico e il poliestere che hanno affiancato e spesso sostituito la seta e il cotone, gli involucri impiegati per la conservazione degli alimenti in cucina, le padelle ricoperte di teflon, il policarbonato di CD e DVD per software, audio e multimedia e l'onnipresente PVC, impiegato dalle carte di credito alle scarpe da ginnastica , passando per i rivestimenti di interni e i serramenti. 

Il mondo si è infine rivestito di plastica e le prossime applicazioni dei materiali sintetici sembrano fuoriuscire da visioni fantascientifiche: aerei costruiti con plastiche di nuova generazione, con polimeri a memoria di forma in grado di far allungare o accorciare le ali secondo necessità e nel bel mezzo del volo; microchip con i circuiti elettronici stampati direttamente sulla plastica piuttosto che sul silicio; display ripiegabili come quelli già in circolazione grazie all'e-paper di LG e Philips.
 
In perfetto stile transumano c’è poi l'evocazione alla possibilità di realizzare i composti base del sangue con materiali sintetici perché la natura della plastica è tale che è possibile creare una molecola molto simile all'emoglobina, cioè il tipo di cellule che trasportano l'ossigeno.
Ma lo sviluppo più promettente dei nuovi composti sintetici è rappresentato dalle cosiddette bioplastiche.
 
Per quanto la plastica abbia invaso il mondo, si stima che attualmente meno del 10% sul totale venga riciclata. Un pericolo per la biosfera sempre più sentito e dibattuto: il Worldwatch Institute stima ad esempio che ogni anno negli Usa vengano gettati 100 miliardi di sacchetti di plastica. 

Le bioplastiche rappresenterebbero quindi una sorta di ritorno al passato poiché realizzate a partire da materiale organico, con tutte le qualità di biodegradabilità che ne conseguono. 

Considerando che le materie plastiche non sono biodegradabili ,possono essere smaltite e riciclate ,è vero, ma i costi per questo processo sono alti , dispendiosi di energia e nocivi perché bruciando generano diossine, una mossa intelligente, aspettando la bioplastica, è il riuso di questo materiale .
Tutti consumiamo, è l’era del consumismo, anche se ci costa ammetterlo, se ci guardiamo intorno siamo avvolti dalla plastica e da oggetti ormai inutili che volentieri qualcuno getterebbe dalla finestra (se non lo fa già).
Ogni cittadino in Italia genera 540kg di rifiuti urbani l’anno, fisicamente un enorme montagna di rifiuti.
Di quello che utilizziamo il 20% viene scartato e oltre il 60% di ciò che scartiamo o buttiamo può diventare una risorsa.
Qualsiasi oggetto, anche il più banale, nasconde potenzialità estetico-funzionali che lo rendono fonte d’ispirazione e può diventare quindi qualcosa di unico.
La possibilità di lavorare con gli scarti, il riuso e la circolazione delle risorse generano benefici sia per l’ambiente che per l’economia.

 I rifiuti sono un nuovo tipo di materia appartenente alla modernità post industriale, una parte della materia che prima non esisteva. è singolare che oggi si possa parlare di rifiuti come qualcosa a parte, come quinto elemento, come qualcosa che va trattato al pari dell’acqua, l’aria, il fuoco la terra ( da:Franco La Cecla, Non è cosa, milano 2002 tramite Urbanvoids )
 Da queste riflessioni parte l’idea per il mio progetto di un ecomuseo della plastica e del riuso a Roma.

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